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Roncalli: la vita 'privata' e le fughe da Palazzo

Roncalli: la vita 'privata' e le fughe da Palazzo

Parla l'aiutante di camera Guido Gusso, 'Per me è già santo'

ROMA, 23 aprile 2014, 09:36

Manuela Tulli

ANSACheck

Papa Giovanni XXIII - RIPRODUZIONE RISERVATA

Papa Giovanni XXIII - RIPRODUZIONE RISERVATA
Papa Giovanni XXIII - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il Vaticano gli stava stretto. ''Otto giorni dopo essere stato eletto Papa all'ennesima passeggiata nei giardini vaticani mi chiese: ma il giro è sempre questo?''. Guido Gusso, aiutante di camera di Giovanni XXIII, racconta il 'suo' Roncalli, quello di tutti i giorni, che amava girare in vestaglia nell'appartamento privato, che la sera si affacciava alla finestra sulla buia piazza San Pietro, rimpiangendo le luci di San Marco. E poi quella sedia gestatoria che non gli piaceva: ''Mi diceva che gli faceva girare la testa''. E ancora, il rifiuto della ''falda'', la veste bianca con lo strascico, perché ''aveva paura di inciampare''. Gusso è stato vicino a Roncalli per cinque anni al patriarcato di Venezia e altri cinque tra le stanze del Palazzo apostolico.

    ''Mi diceva: portami al Gianicolo, al 'fontanone''', racconta Gusso e qualche piccola 'fuga' insieme l'hanno poi davvero fatta. Quella più rocambolesca da Castel Gandolfo per vedere i Prati del Vivaro con ''la mia Opel blu col tettuccio avorio'', seminando gendarmeria, polizia e guardie svizzere. L'auto era una macchina comune, non la Chrysler pontificia, ma l'uomo dentro vestito di bianco non passava inosservato. ''Le auto ci seguivano, quando passammo per Marino la gente ci bloccò in mezzo alla strada urlando: 'viva il Papa'. Ma anche 'Ah Giova'!''', racconta divertito Gusso. ''Poi mi disse: rientriamo a casa, altrimenti Capovilla...''. Un'altra volta ''volle andare a vedere sul lago di Albano i lavori per le Olimpiadi del '60.

    Un'altra volta a Roma andammo in una clinica per andare a trovare un ambasciatore inglese suo amico che stava male''.
    Ma l'aiutante di camera racconta anche il Papa che non voleva che il 'maggiordomo' si inginocchiasse ogni volta in sua presenza, che anticipava la cena per consentire al suo collaboratore di andare a scuola di inglese. E poi la volta che tirò fuori i soldi dalla sua tonaca bianca per un giardiniere del Vaticano che si voleva sposare ma non aveva la possibilità.

    ''Una cifra che ci veniva fuori la sala da pranzo'', racconta Gusso a distanza di oltre cinquant'anni. C'e' poi quella volta che gli operai appesero i quadri nel Palazzo apostolico ''ma a lui non piaceva la disposizione e mi disse: 'Fatti lasciare chiodi e scala'. E il giorno dopo li abbiamo staccati dalle pareti e rimessi come voleva lui''. Gusso sulla scala e il Papa sotto che lo reggeva dai piedi. E poi ''quante volte ero in ritardo per la Messa delle 7 e veniva a bussarmi alla porta: 'Guido, devi venire a servire Messa'''.

Pero' il Papa gliele passava tutte a quell'aiutante, custode di tanti segreti. ''Ma prima di morire mi ha chiamato per tirarmi le orecchie e mi ha detto tutto quello non mi aveva detto in dieci anni: soprattutto di accostarmi di più ai sacramenti e di non essere attaccato ai soldi. Mi voleva promuovere e invece gli chiesi di proteggere dal cielo me, il mio Giovannino e mia moglie Antonia. E stato così. Ho avuto un tumore e altri guai e quando ho avuto bisogno sono sempre andato a tirarlo per la sottana''.

E' un fiume di ricordi e emozioni e si sente un privilegiato per avere vissuto con un Papa che ''per me e' già santo, non ho bisogno delle firme''. E pensare che a Venezia gli aveva chiesto una raccomandazione per un posto in banca. ''Al patriarcato lo stipendio era davvero basso e io volevo sposare la 'morosa', anche lei del mio paese, Caorle. Monsignor Roncalli rispose: 'Stai tranquillo, il tuo avvenire nessuno te lo tocca'. Me ne andai un po' perplesso. Dopo un anno e' diventato Papa''.
   

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