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Stefano Bonaccini, da ex bersaniano a preferito di Renzi

Stefano Bonaccini, da ex bersaniano a preferito di Renzi

Una vita da amministratore e politico in regione, poi il salto

BOLOGNA, 24 novembre 2014, 02:43

Redazione ANSA

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(di Roberto Anselmi) Il nome di Stefano Bonaccini, fino a poco più di un anno fa, era noto praticamente solo a chi seguiva la politica emiliano-romagnola. Modenese, classe '67, il neopresidente della Regione era un 'semplice' consigliere regionale, sposato con Sandra e con due figlie, Maria Vittoria e Virginia. Una vita nel partito e nell'amministrazione locale, prima di prendere il testimone di Vasco Errani a Viale Aldo Moro: cinque anni da assessore nel suo paese d'origine, Campogalliano; sette anni a Modena prima dell'arrivo in assemblea legislativa. Dal 25 ottobre del 2009 era segretario regionale del Pd, dopo aver vinto le primarie (lo votarono in 200 mila), in occasione dello stesso voto che portò Pierluigi Bersani alla guida del partito nazionale.
    E' infatti da bersaniano che si è mosso anche alle primarie successive, quelle che fecero del piacentino il candidato del centrosinistra alle politiche. Un rapporto, quello con l'ex segretario, che si andrà via via allentando dopo la non-vittoria del 2013 fino al punto di non ritorno quando - nei convulsi giorni della scelta del presidente della Repubblica - il suo grido su twitter, ''Fermatevi'', fu tra gli ingredienti che portarono al tramonto di quel Pd.
    Da Bersani a Renzi, quindi. Un passaggio non indolore (ricordato anche dal premier pochi giorni fa nel suo intervento a chiusura della campagna elettorale) tra ex compagni di strada che borbottavano al tradimento e rottamatori pronti a rinfacciare il suo essere renziano 'della seconda ora'.
    A stabilire il suo grado di renzismo, ci pensò da lì a poco lo stesso ex sindaco di Firenze scegliendolo come coordinatore della campagna per le primarie che lo portarono alla guida del partito. Bonaccini sarà anche membro della prima segreteria Renzi (responsabile enti locali). Di lui si parlava come candidato a sindaco di Modena. Ma - dopo una fase di incertezza proprio dopo il ruolo nazionale nel partito - si sfilò.
    Fase di incertezza che ha regnato a lungo anche dopo che le dimissioni di Errani hanno accelerato la corsa a Viale Aldo Moro. Una sua candidatura era nell'aria (anche in questo caso in ballottaggio con un ruolo di rilievo nel partito nazionale: per lui sembrava pronta la delega all'organizzazione). Ma le riserve furono sciolte solo dopo il fallimento di una candidatura unitaria alle primarie di coalizione. In campo c'erano già Roberto Balzani e, soprattutto, Matteo Richetti. Poi, vennero le notizie dell'indagine a carico suo e dello stesso Richetti (che lasciò) per le spese da consiglieri.
    Bonaccini ha resistito. Ha chiesto di essere ascoltato dai magistrati fino alla richiesta di archiviazione. E ora, nonostante le indagini (che alla fine hanno interessato 41 consiglieri uscenti) e il disincanto, nonostante un Pd che sta cambiando forte e un'astensione mai così alta, sarà lui l'uomo che guiderà l'Emilia-Romagna.
   

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