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29 luglio, 09:11 Sport

Nibali, dalle prime pedalate al Tour

Diventa leggenda, come Merckx e Gimondi vincendo 3 grandi giri

© ANSA
Vincenzo Nibali da bambino © Ansa

Le isole Eolie sullo sfondo e lui che si divertiva a sfrecciare a 45 orari con il vento contrario, nei pressi di Villafranca Tirrena, primo Comune fuori dal comprensorio messinese. Quasi un dispetto alla divinità dei venti e all'arcipelago cui ha dato il nome. E' lì che suo padre si rese conto di avere un campione in casa, in grado di vincere le grandi corse a tappe. Vincenzo Nibali ha sempre amato le sfide difficili, per questo ha deciso di volersi affiancare a quella che viene considerata un po' come la 'Hall of fame' del ciclismo, la cinquina di corridori che hanno vinto le tre grandi corse a tappe: Giro, Tour e Vuelta.

Non una cinquina qualunque, ma vere e proprie leggende: Eddy Merckx, Bernard Hinault, Jacques Anquetil, Alberto Contador, Felice Gimondi. Stili diversi, epoche diverse. Enzino da Messina ce l'ha fatta e adesso che la storia è riscritta si prepara a riabbracciare la moglie Rachele e la piccola Emma, ai piedi dell'Arco di Trionfo, che lo aspettano per la passerella finale. Poco più di un anno fa, sul podio di Brescia, alla fine della trionfale cavalcata nel Giro d'Italia, era talmente emozionato che non riuscì a cantare l'inno di Mameli. Guardava sua madre Giovanna Romano e suo padre Turi, ma pensava a suo nonno Vincenzo, dal quale ha preso il nome. Fu lui a regalargli il primo triciclo. Chi lo avrebbe detto che sarebbe diventato una leggenda del ciclismo?

Nibali ha costruito la propria vittoria giorno dopo giorno, preparandosi bene, mettendosi dietro alla moto del fido Paolo Slongo, sul Passo San Pellegrino. "Io faccio Froome e tu mi corri dietro...", gli diceva, ed Enzino a pedalare in apnea, a 1.900 metri d'altezza. Come sono lontane le Eolie. Nibali è un mostro di tattica, di strategia: studia gli avversari, carpisce le loro debolezze e le trasforma in energia produttiva per la propria bici. Voleva diventare invincibile, inattaccabile, c'è riuscito, acquisendo la sicurezza degli audaci e ricalcando le orme di Felice Gimondi. Non ha il fuoco dentro di Pantani, ma la capacità di trasformare le corse impossibili - fra Alpi e Pirenei - quasi in una kermesse cicloturistica. Un campione vero, misurato, come il bergamasco Gimondi. Mai una parola fuori posto, una frase di troppo. Ha stravinto il Giro d'Italia 2013, ha dominato il Tour de France, convincendo anche i francesi. Nessuno avrà più il coraggio di dirgli che ha vinto, perché erano assenti Froome e Contador, entrambi ritirati per cadute, ma già staccati dallo 'Squalo dello Stretto'. Il Tour di Nibali è stato strategicamente perfetto, la sua condotta di gara intelligente, sicura, aggressiva e, allo stesso tempo, misurata.

La sua vittoria rappresenta qualcosa di prezioso per un ciclismo in cerca di nuovi protagonisti. Non eroi per caso, ma uomini veri, onesti. A casa Nibali, in quel di Messina, c'e' la foto di Enzino su un triciclo e suo nonno la mostra con orgoglio, vantandosi di averglielo regalato lui. La sua più grande vittoria si chiama Emma, nata alla fine di febbraio, Nibali la tiene come una pietra preziosa. E' uno dei pochi svaghi di una vita serena, senza eccessi, da campione autentico, senza tatuaggi né creste. Nibali ha il volto dell'Italia che resiste e spera. A Messina, intanto, lo aspettano con la 'maillot jaune'. Assieme ai familiari ci saranno anche due amici speciali: uno si occuperà della produzione di granite al caffè con panna, un altro degli arancini 'Nibali'. Dopo quello rosa, in occasione della vittoria al Giro d'Italia dell'anno scorso, quest'anno ne ha preparato uno rigorosamente di giallo. E non poteva essere altrimenti.

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