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Wojtyla: Riccardi, 'Eroe pace, come Mandela'

"Non ha cambiato solo storia della Chiesa, ma storia del mondo"

"Ha cambiato la storia del mondo", non solo della Chiesa; con la forza di "un rivoluzionario della non-violenza": "se non fosse stato Papa, sarebbe stato un altro Mandela". Descrive così la figura del nuovo santo Giovanni Paolo II lo storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio ed ex ministro, che proprio alla vita e alle opere del Papa polacco ha dedicato vari studi, come "Giovanni Paolo II. La biografia" e il più recente "La santità di papa Wojtyla", entrambi per la San Paolo Edizioni.
    "Durante la sua vita, dopo la sua morte, il popolo di Dio ne ha percepito la grande forza di fede. E la gente ha cominciato subito a chiedere la sua canonizzazione: va tenuto conto del sentire del popolo, del sentire della gente", dice Riccardi in un colloquio con l'ANSA. Ma "occorre anche capire meglio Giovanni Paolo II", aggiunge lo storico che nei suoi lavori ha fatto emergere "i diversi livelli della personalità: il grande pastore, il personaggio della storia e della politica, il predicatore e missionario". "Ma al fondo - aggiunge, come in un cerchio che si chiude - c'è il grande uomo di fede. O, se vogliamo dire altrimenti, l'uomo di grande fede".


    Per Riccardi, Wojtyla non ha cambiato solo la storia della Chiesa, ma "ha cambiato la storia del mondo". "Se non fosse stato Papa o prete, sarebbe stato un altro Nelson Mandela. Ha cambiato l'idea di rivoluzione - spiega -: dal 1789, cioè dalla Rivoluzione francese, si pensava che per cambiare il mondo servisse una rivoluzione sanguinosa. Lui, in Polonia, ha fatto invece una rivoluzione pacifica, ha fatto cadere un regime granitico con la forza della non-violenza. Anziché un conservatore rassegnato, è stato sì un rivoluzionario, ma in modo non violento: e con lui il 1789 si è capovolto nel 1989. E gli storici, come pure i politici, non hanno ancora fatto pienamente i conti con questo aspetto".
    In che misura Wojtyla ha cambiato la storia della Chiesa? "Nel 1978, anno della sua elezione - osserva Riccardi -, si era in presenza di un cristianesimo sostanzialmente depresso. E lui ha detto 'non abbiate paura', assumendo così una funzione profetica. Poi c'è stato tutto il discorso del Sud del mondo: ha intuito che sul finire del '900 c'era una nuova Chiesa alle porte. I suoi continui viaggi, in tanti Paesi anche apparentemente poco importanti, sono serviti proprio a dare valore a questa Chiesa emergente".
    E su come Giovanni Paolo II rappresenti un punto di riferimento per la Chiesa e per il mondo di oggi, Riccardi spiega che "per il popolo di Dio lui è il santo protettore dei giovani, il protettore della maternità, a lui si rivolgono donne per avere figli, è il protettore della famiglia, delle donne incinte: questo è Wojtyla nelle corde del popolo, lo si vede dal pellegrinaggio continuo sulla sua tomba". "Però c'è un altro aspetto - prosegue -, da cui si vede anche come ha lavorato papa Francesco: con la canonizzazione di Giovanni Paolo II insieme a Giovanni XXIII, Bergoglio ha fatto santi i Papi del Concilio.


    Francesco ha voluto incardinare la figura di Wojtyla nel Concilio, cioè nell'idea della Chiesa come popolo di Dio, della Chiesa amica del popolo, la Chiesa del dialogo e della pace".
    "E' abusiva questa incardinazione? - si chiede lo storico - No, non è abusiva. Wojtyla ha partecipato al Concilio", contribuendo anche a documenti fondamentali come la 'Dignitatis Humanae' e la 'Gaudium et Spes', "e il suo testamento è proprio nel Concilio".
    Riccardi guarda positivamente anche ai dubbi e alle riserve sulla canonizzazione di Wojtyla che furono espresse durante l'iter del processo dal cardinale Carlo Maria Martini, pubblicate proprio da lui nel libro "La santità di papa Wojtyla". "Fanno sapere che c'è stato un dibattito, che c'è stata un'inchiesta seria", sottolinea.
    E che cosa resta oggi della figura e del lascito di Wojtyla nel pontificato di papa Francesco? "La sensibilità è un'altra, la cultura è un'altra, la mistica è un'altra - risponde Riccardi - ma resta questa immagine del papato missionario: da un parte con un sollevatore di continenti, un trascinatore di popoli; dall'altra con un predicatore costante della parola di Dio. Ma in questo c'è una grande continuità, che affonda le sue radici anche in un'altra figura di Papa, quella di Paolo VI". 
   

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