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Giffoni: Bruno, Cortellesi operaia tra risate e lacrime

Dal 26 novembre in sala la dramedy 'Gli ultimi saranno ultimi'

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(di Francesca Pierleoni)

GIFFONI VALLE PIANA - Una commedia, o meglio una dramedy legata alla vita e ai problemi reali, "che ha dentro le risate ma anche un grosso cuore, quindi forse si piange oltre che ridere'. Sarà questo il tono, spiega Massimiliano Bruno, oggi a Giffoni, del suo nuovo film, ora al montaggio, Gli ultimi saranno ultimi, trasposizione del testo teatrale scritto con Furio Andreotti, Paola Cortellesi (anche protagonista) e Giampiero Solari e portato in scena dieci anni fa, nelle sale dal 26 novembre con 01. Accanto all'attrice, nel cast, fra gli altri, Alessandro Gassmann, Fabrizio Bentivoglio e Stefano Fresi.
"Parliamo di un argomento sul quale cui non si può scherzare troppo, il lavoro. Sull'avere un posto nel mondo e cosa succede quando lo perdi" dice il regista. Protagonista della storia è Luciana (Cortellesi), operaia precaria alla quale una volta rimasta incinta non viene rinnovato il contratto. Lei, al nono mese di gravidanza, decide allora di compiere un gesto estremo, riprendersi il suo posto con una pistola alla mano. "Parliamo di quando, tornando a casa la sera, sapendo di aver fatto il tuo lavoro hai un'identità professionale che diventa anche identità umana. Quando non hai questa possibilità ti perdi un po' e rischi di andare fuori di testa'' aggiunge Bruno.

''Per Paola è il personaggio della vita - sottolinea - il testo della vita, e anche per me è importantissimo. Questo progetto rappresenta il non plus ultra del nostro rapporto. Io sono il suo regista e in questo film ho la migliore attrice che potessi avere per il ruolo. Credo sarà un'ennesima svolta della nostra carriera, un'ennesima strada da prendere insieme. Un atto di coraggio, e ci voleva proprio".


Bruno, classe 1970, qui al quarto film da regista, dopo Nessuno mi può giudicare (sempre con Paola Cortellesi), Viva l'Italia e Confusi e felici, è entusiasta della giornata a Giffoni: "I ragazzi mi fermano non per i soliti autografi o i selfie, ma per farmi domande sul mio lavoro, soprattutto su Viva l'Italia. Evidentemente li ha colpiti molto il fatto ci fosse una critica così feroce nei confronti dalla classe dirigente. Mi chiedono se non abbia avuto paura delle polemiche, come hanno reagito i politici... visto che raccontiamo un'Italia non bellissima". Altra domanda classica che arriva a Bruno è sui suoi inizi: "Racconto la mia esperienza, nata sui piccoli palchi di teatri off romani a 18, 19 anni. Un percorso fatto di incontri con quelli che sono diventati grandi artisti, allora ragazzetti come me, parlo di Claudio Santamaria, Paola Cortellesi, Valerio Aprea, Valerio Mastandrea… Insieme facevamo spettacolini con 400mila lire, dove lavoravi un mese e guadagnavi giusto i soldi per andare a mangiare la pizza la sera. C'era tanta voglia e creatività di fare delle cose, sbagliando anche spesso". Qual'è l'errore più frequente da evitare? "Cercare di piacere al pubblico ad ogni costo. Un artigiano ha la necessità di farlo, sennò non vende il comodino; un artista invece deve esprimersi e poi far decidere al pubblico se va bene o no. Un meccanismo che però negli ultimi 30 anni si è un po' ribaltato, il mercato ha cambiato le cose. Sai cosa piace al pubblico e la parte artistica a volte viene messa da parte, per cercare di portare a casa l'incasso. Quando si ha il coraggio di non farlo, di seguire se stessi, ci si avvicina a qualcosa che assomiglia all'arte. Altrimenti è un bellissimo lavoro".

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