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Renzi: 'Nessun veto sul Colle'. Cav apre a candidato di sinistra

Premier a suoi, unità

Dipende in gran parte dal Pd la nomina del prossimo presidente della Repubblica. Così era già nel 2013, ma allora i dem restarono prigionieri dei propri "errori". Perciò a poche settimane dall'apertura della corsa al Colle, Matteo Renzi non perde l'occasione del brindisi natalizio con i parlamentari dem per richiamare tutti alla "grande responsabilità" che pesa sul Pd. La responsabilità di non lasciare ancora il campo agli agguati dei franchi tiratori. E perciò avanzare una proposta capace di trovare larga condivisione. La primazia viene riconosciuta al leader dem anche da Silvio Berlusconi, che non esclude il sì a una personalità con "radici" nel Pd, purché "di garanzia". Della partita però vuole restare anche Angelino Alfano, che invoca un'intesa "a tre" e avverte che il nome non può uscire "dal congresso" dem.

"Noi guardiamo alla persona. Non va giudicata dalle radici in un'area o in un'altra. Si deve trattare di una persona seria, accettata da tutti, che sia garante per tutti", dice Berlusconi in un'intervista a La Repubblica. E raccoglie così la proposta di metodo avanzata da Renzi. Niente veti, ha detto il presidente del Consiglio: né dal Pd, né da altri. E veti il Cavaliere non ne pone. Rivendica però il diritto a "concorrere" con i "150 grandi elettori" azzurri. L'accordo sul Colle non è scritto nel patto del Nazareno, ma è nello spirito del Nazareno, precisa: "E' una logica conseguenza del fatto che stiamo partecipando alle riforme". Certo, sottolinea il fittiano Saverio Romano, "non avere pregiudizi sull'appartenenza non significa essere acquiescenti su qualsiasi nome".

E Daniela Santanchè la mette giù ancor più netta: "Sia chiaro, al Colle basta comunisti". Il prossimo settennato sia affidato una personalità di stampo "cattolico", è la richiesta ribadita da Angelino Alfano. La scelta del capo dello Stato, sottolinea il ministro, appartiene a un'assemblea di "mille grandi elettori che rappresentano il Paese", dunque non può nelle mani del "congresso" del Pd. Certo, il leader di Ncd si dice "molto favorevole" a coinvolgere Forza Italia, ma chiede di "partire" dagli alleati di governo, per trovare un'intesa. Il che però, sottolinea a sua volta Lorenzo Dellai, non può voler dire un accordo "a tre", come auspica Alfano. Perché oltre a Ncd e Udc (oggi riuniti in Area popolare, con 70 parlamentari), "ci sono i 45 parlamentari dei gruppi alleati del Pd (PI, Cd e Sc) e gli altri 16 senatori del gruppo Autonomie, per un totale di 61 grandi elettori". Di fronte agli avvertimenti degli alleati di governo e all'apertura di Berlusconi, interviene a mettere ordine il ministro Maria Elena Boschi: "Credo che il premier sia stato chiaro, sarà una nomina condivisa e nessuno avrà il potere di veto. Il Pd - ribadisce - farà la proposta e si cercherà un accordo sentendo i gruppi: i partiti di maggioranza saranno i primi interlocutori". Grande attenzione del Pd a tutte le forze politiche, dunque, in una partita che si vince solo catalizzando una larga maggioranza di voti, al netto di una quota più o meno fisiologica di franchi tiratori. L'esito però "dipenderà molto dal Pd, visto che partiamo da 460 grandi elettori", ricorda Renzi ai parlamentari riuniti al Nazareno per gli auguri di fine anno. Nel 2015, dice a una platea in cui fa capolino anche Pier Luigi Bersani, il Pd è atteso a una prova di "grande responsabilità": bisogna "evitare di replicare gli errori del 2013", evitando di dividersi e mostrando la massima unità. "Hanno i numeri, sceglierà Renzi", alza le spalle il segretario della Lega Matteo Salvini. "Io al Quirinale farei il museo del presepe, senza ospiti e senza inquilini. Non me ne frega niente", afferma. Poi però aggiunge: "L'importante è che non si facciano i nomi di Prodi, Amato, Veltroni...".

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