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La Scozia già immagina il suo futuro senza Londra

Premier Salmond: 'Terremo la sterlina, la regina e resteremo in Ue'

Dieci mesi per leggere, digerire e valutare le 670 pagine presentate oggi a Glasgow come la "guida all'Indipendenza della Scozia", per poi rispondere, sì o no, al referendum il 18 settembre 2014. "Il futuro della Scozia è adesso nelle mani degli scozzesi" e l'indipendenza "costruirà una società più prospera, più democratica e più giusta".

Questo vede davanti a sé Alex Salmond, primo ministro scozzese e leader dello Scottish National Party (Snp), che guida la campagna per il sì e che ha voluto mettere nero su bianco il "futuro senza Londra" in un libro bianco definito come "il più vasto documento sull'indipendenza di un Paese che sia mai stato prodotto". Il focus è senza dubbio economico, a partire dal destino della sterlina, passando per risorse energetiche e tasse, per arrivare anche alla regina e all'Ue, cui non si vuole rinunciare in una Scozia staccata da Westminster.

E in caso di vittoria del sì c'è anche la data in cui l'indipendenza verrebbe proclamata: il 24 marzo 2016, che coincide con lo scioglimento del Parlamento scozzese per la fine dell'attuale legislatura. Ma che è anche una data simbolica: il 24 marzo del 1603 re Giacomo I unì le corone di Scozia e Inghilterra. Oltre quattro secoli dopo l'obiettivo è virare in direzione opposta. Intanto, Salmond insiste, la Scozia "se lo può permettere", le sue fondamenta, anche economiche, sono solide abbastanza. Allora parte dalle forze armate: il "nuovo" Paese avrebbe un suo esercito e rinuncerà al deterrente nucleare britannico, perché, spiega, "investiremo nei bambini e nelle famiglie e non nelle armi di distruzione di massa".

Scongiura poi il rischio di un aumento di tasse - che è invece quanto paventa il Tesoro, prevedendo un buco da 3 miliardi di sterline (3,5 miliardi di euro) - promettendo politiche fiscali più vantaggiose. Su uno dei temi centrali però, la moneta della Scozia del futuro, gli indipendentisti non vogliono cambiare: terrebbero volentieri la sterlina anche se nell'ambito di una unione monetaria che ricorda tanto l'Eurozona. Questo se Westminster lo consente. Londra infatti dovrebbe essere d'accordo, cosa altamente improbabile. E già nei mesi scorsi il cancelliere dello Scacchiere in persona, George Osborne, aveva ammonito: se vi staccate rischiate di dover rinunciare al nostro pound.

C'è poi l'Europa: Edimburgo sarebbe determinata a rimanere nell'Unione Europea, salvo però dover poi rispondere delle istituzioni comunitarie che prevedono, almeno fino a ora, una formale richiesta di adesione da parte di un Paese indipendente. Londra resta a guardare, scettica sulla possibilità di successo di questa massiccia campagna, tanto che il primo ministro conservatore, David Cameron, oggi non commenta nemmeno in prima persona, mentre un suo portavoce si limita a notare che "il Libro bianco non risponde alle grandi domande riguardanti la moneta, la sostenibilità fiscale e l'Europa". Forte forse dei sondaggi, che al momento sembrano dare poca speranza alla storica impresa in cui si è imbarcato Alex Salmond, registrando il 38% di favorevoli all'indipendenza contro il 47% di contrari e il 15% di indecisi. 

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