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Vatileaks 2, respinta la richiesta di nullità del processo. Chaouqui valuta richiedere status rifugata

Nuzzi: 'Il Vaticano ha detto no al mio avvocato di sempre'. Fittipaldi: 'Sono impossibilitato a difendermi'

E' durata circa un'ora e dieci la prima udienza del processo "Vatileaks 2" che si è tenuta questa mattina nel tribunale della Città-Stato del Vaticano. Tutti e cinque gli imputati, mons. Lucio Vallejo Balda, Francesca Immacolata Chaouqui, Nicola Maio, Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi erano in aula. Francesca Chaouqui sta valutando di astenersi dalla partecipazione al procedimento in Vaticano, invocando il suo 'status' di rifugiata nel territorio italiano.

L'ipotesi avanzata dall'avvocato Bongiorno - "Dopo le innumerevoli compressioni del diritto di difesa, la mia assistita Francesca Chaouqui sta valutando di astenersi dalla partecipazione al procedimento in Vaticano, invocando il suo 'status' di rifugiata nel territorio italiano ai sensi dell'art. 22 del Trattato del 1929 con la Santa Sede, essendo peraltro incolpata di reati politici". E' quanto dice all'ANSA l'avv.Giulia Bongiorno.  "Faccio presente - aggiunge l'avvocato Bongiorno - che le autorità vaticane hanno inspiegabilmente rigettato, per la seconda volta, la mia richiesta di assistenza difensiva (mentre in passato per altri casi mi era stata accordata); aggiungo che la mia assistita non ha ancora avuto la possibilità di esaminare compiutamente le presunte prove a carico, essendole stato permesso soltanto di dare una fugace lettura alle carte processuali direttamente in udienza. Da esse sono, comunque, emerse 'ictu oculi' una serie di fantasiose calunnie in relazione alle quali ha già sporto denuncia-querela nei confronti di Mons. Balda". "Rilevo con stupore - dice ancora Giulia Bongiorno - che tutto ciò sta avvenendo mentre Francesca Chaouqui si trova nella delicata situazione personale di una gravidanza a rischio, che l'ha costretta a recarsi più volte in ospedale". "In questo contesto, a dir poco surreale - prosegue - sono stati messi a repentaglio non soltanto il diritto di informazione e le facoltà di difesa, ma anche i diritti umani più elementari (dentro e fuori il processo penale)". "Come cittadina italiana - dice il legale - la mia assistita indirizzerà, pertanto, una formale richiesta di aiuto alle Autorità di seguito indicate: Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro degli Affari Esteri, Ministro della Giustizia, Alto rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza e vicepresidente della Commissione, Commissario per i Diritti Umani, Rappresentante OSCE per la libertà dei Media, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma". 

Al termine della prima udienza, il tribunale vaticano ha respinto l'eccezione di nullità del capo d'imputazione e del decreto di citazione a giudizio, presentata dall'avv. Lucia Musso, difensore di Emiliano Fittipaldi, per la mancata enunciazione dei fatti contestati e quindi per l'impossibilità a difendersi. 

Il Vaticano respinge la mia richiesta di farmi assistere dal mio difensore di sempre, l'avvocato Caterina Malavenda": lo fa sapere con un tweet il giornalista Gianluigi Nuzzi, tra i cinque imputati del processo sulla diffusione di documenti riservati della Santa Sede.

 

"Il decreto di citazione a giudizio che mi avete notificato - ha affermato in aula, presentando eccezione, Emiliano Fittipaldi - non mi consente in alcun modo di difendermi, giacché non contiene, nemmeno implicitamente, la benché minima descrizione del fatto che mi viene addebitato. Si dice infatti - ha spiegato - che sono imputato di acquisizione e divulgazione di documenti e notizie riservate, ma non si dice affatto quali siano questi documenti, o quali siano queste notizie". "Una condizione di indeterminatezza del tutto inaccettabile - ha proseguito Fittipaldi -, perché pone l'imputato nella condizione di non sapere da cosa doversi difendere, e la Pubblica accusa di poter in ogni momento estendere il riferimento della incriminazione ad uno qualunque dei documenti o delle notizie contenute nel mio libro". "Sono dunque comparso per formulare queste eccezioni - ha affermato - e di ciò chiedo che sia dato atto a verbale". "Ho deciso di comparire in questa udienza per doveroso rispetto nei confronti di questo tribunale - ha detto anche il giornalista dell'Espresso - che ha ritenuto di dovermi citare". "Ma nel comparire - ha continuato - ritengo di dover esprimere la mia incredulità nel trovarmi ad essere imputato di fronte a una Autorità giudiziaria diversa da quella del mio Paese, pur avendo scritto e pubblicato in Italia il libro per il quale si pretende qui di incriminarmi". "Nel mio Paese d'altronde - ha anche osservato Fittipaldi - la condotta che qui mi addebitate non sarebbe penalmente perseguibile, non essendomi contestato in alcun modo di aver pubblicato notizie false o diffamatorie, ma semplicemente di aver pubblicato notizie: attività protetta e garantita dalla Costituzione italiana, dalla Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo".

"Vedete che sto bene? Molto bene, sono sereno, mi trattano benissimo e qui sono protetto". E' quanto ha detto ai giornalisti con cui ha scambiato qualche parola in aula nella prima udienza del processo Vatileaks 2, mons. Lucio Vallejo Balda, tuttora rinchiuso nelle celle vaticane. Mons.Vallejo, vestito in clergyman, è stato accompagnato in auto al tribunale vaticano, dove solo stamane ha conosciuto il suo avvocato d'ufficio Emanuela Bellardini.

Chiudendo la prima delle udienze del processo per la fuga di documenti riservati, riservata alle sole questioni preliminari, il presidente della Corte Giuseppe Dalla Torre ha annunciato il calendario delle prossime udienze, che saranno giornaliere la prossima settimana, se necessario anche nel pomeriggio. Lunedì 30, con inizio alle 9.30, verranno ascoltati gli imputati mons. Lucio Vallejo Balda e Francesca Immacolata Chaouqui. Successivamente Nicola Maio. Quindi i giornalisti Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi. 

Il Consiglio Direttivo dell' Associazione della Stampa Estera in Italia esprime le sue "forti preoccupazioni" per il fatto che vengono processati due giornalisti italiani in Vaticano. "Si ricorda che le varie dichiarazioni dei diritti dell'Uomo, come la 'Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali' contengono non solo la 'Libertà di Religione' (articolo 9), spesso invocata dalla Chiesa Cattolica e dal Vaticano, ma anche la 'Libertà di Espressione' (articolo 10).

Su questo diritto, la Convenzione dice espressamente: 'Questo diritto include la libertà di avere delle opinioni e di ricevere e dare informazioni senza interferenza delle autorità pubbliche e senza riguardo alle frontiere'", si legge in una nota, diffusa stamane prima dell'inizio del processo in Vaticano. "Certamente, il Consiglio Direttivo della Stampa Estera conferma che le informazioni giornalistiche si devono ottenere in modo legale e legittimo", prosegue il comunicato. Ma "in ogni caso, se ci sono delle malefatte non sono colpa dei giornalisti che le scoprono e che professionalmente hanno il dovere di pubblicarle. Il problema invece sono coloro che le irregolarità 'malefatte' le hanno commesse e di chi ha creato e tollerato delle strutture che forse favoriscono dei comportamenti scorretti". "Il ruolo dei media e dei giornalisti è quello di rendere pubblici i problemi, per dare in questo modo un contributo al loro superamento - conclude la nota -. E' preoccupante che l'esercizio della nostra professione venga considerato un delitto".

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