L'anniversario della tragedia del Vajont del 9 ottobre 1963 polarizza ancora una volta l'attenzione su Longarone. Luci alle finestre delle case, edifici pubblici bellunesi con un cero sui davanzali, un concorso per gli studenti delle scuole medie e superiorie, come ogni anno, una celebrazione al cimitero monumentale di Fortogna.
Oltre mezzo secolo non è bastato a guarire le ferite del Vajont. Cinquantuno anni dopo l'enorme onda provocata dalla frana del monte Toc - con la colpevole complicità degli uomini - il dolore e la rabbia vivono ancora nei superstiti (meno di un centinaio) di quella strage: 1.910 morti, 460 dei quali bambini sotto i 15 anni. Ma Longarone e la valle del Piave, fatta la tara del tempo trascorso, non sono più le stesse. Così come gli altri piccoli comuni sfregiati dal mostro d'acqua quel 9 ottobre 1963: Erto Casso, Castellavazzo sono divenuti paesi fantasma, pieni di finestre sbarrate. Longarone è stata rifatta a forza di cemento armato, sovradimensionata in alcune strutture. Del passato è rimasto in piedi il bel palazzo del municipio, il solitario campanile di Pirago e qualche casa a nord dell'abitato. I giovani, specie quelli nati da famiglie giunte qui dopo il disastro, con i benefici economici della ricostruzione, non sentono la presenza della diga. Vivono quasi con disagio il marchio del Vajont.
"Caro sindaco - scrive il premier Matteo Renzi in un messaggio - Longarone oggi è anche il simbolo dell'Italia che si rialza, dell'Italia che ce la fa. Ed è da questo simbolo di fiducia che occorre ripartire: quello di un paese con tante ferite ancora aperte ma, coraggiosamente, in piedi". "E' difficile trovare parole - continua il premier -, anche dopo 51 anni, per un dolore che non passa. E che ritroviamo lì, ogni anno, prigioniero di quei duecentosessanta milioni di metri cubi di roccia che spazzarono via cinque paesi e uccisero 1.910 persone. Longarone, Pirago, Rivalta, Villanova, Faè: nomi scolpiti nella memoria nazionale". "Ma la memoria non basta. Ed è per questo motivo che Longarone e il Vajont sono stati tra i punti di partenza anche della mia campagna per le primarie. Quando ho ascoltato le testimonianze dei sopravvissuti al disastro ho sentito risuonarmi dentro due sole parole: mai più. Longarone è un monito", sottolinea Renzi. "Come sindaco - prosegue - e sindaco di una città che all'acqua deve molto ma che all'acqua ha anche pagato un grande tributo, sapevo che la difesa del territorio non è una priorità: è LA priorità. E la stessa priorità ho mantenuto una volta al governo: di questo si occupa 'Italia sicura contro il dissesto', la struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche. Ben sapendo che la tutela del territorio non può essere delegata soltanto agli 'altri', solo a chi governa ma deve essere impegno quotidiano e cura di tutti".