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Striscione in Tribunale a Varese per ricordare Borsellino

Striscione in Tribunale a Varese per ricordare Borsellino

Proseguono le cerimonie in ricordo dl giudice, in occasione dell'anniversario della strage di via d'Amelio, il 19 luglio 1992

Varese, 21 luglio 2014, 16:17

Redazione ANSA

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Le fotografie di falcone e Borsellino sulla 'Nave della legalità ' in partenza da Civitavecchia per Palermo, 22 maggio 2014. - RIPRODUZIONE RISERVATA

Le fotografie di falcone e Borsellino sulla  'Nave della legalità ' in partenza da Civitavecchia per Palermo, 22 maggio 2014. - RIPRODUZIONE RISERVATA
Le fotografie di falcone e Borsellino sulla 'Nave della legalità ' in partenza da Civitavecchia per Palermo, 22 maggio 2014. - RIPRODUZIONE RISERVATA

Uno striscione con la scritta 'Paolo vive' realizzato dall'associazione siciliana 'I ragazzi di Paolo' è stato appeso nell'atrio del Palazzo di giustizia di Varese, per ricordare Paolo Borsellino in occasione dell'anniversario della strage di via d'Amelio, il 19 luglio 1992, in cui venne ucciso il magistrato. Durante la commemorazione, stamani, è stata ricordata anche la figura del giudice Giovanni Falcone, ucciso in un attentato di Cosa Nostra il 23 maggio 1992. Alla cerimonia hanno partecipato, tra gli altri, il Prefetto di Varese Giorgio Zanzi, il questore Francesco Messina, il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Alessandro De Angelis, il presidente del Tribunale Vito Piglionica, la deputata del Pd Maria Chiara Gadda,il senatore del Pd Angelo Senaldi e l'europarlamentare di Forza Italia Lara Comi. "Non bisogna mai abbassare la guardia nella lotta alla mafia - ha spiegato il sindaco di Varese, Attilio Fontana - e cercare quotidianamente di rispettare le regole e la legalità".

E nel giorno del ricordo Di Matteo attacca il Colle - Il giorno della memoria e' diventato il giorno dello scontro. Con il pm Nino Di Matteo, mente storica dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, che sabato ha tuonato contro il presidente della Repubblica, accusato di condizionare il Csm, e contro Renzi, reo di fare le riforme con un politico condannato. Alle durissime parole pronunciate dal magistrato dal palco allestito in via D'Amelio, dove il 19 luglio di 22 anni fa un'autobomba fece saltare aria il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta, arrivano a stretto giro le repliche di tutto il centro-destra. Con Luca d'Alessandro (FI) che definisce il pm palermitano "esempio della parte peggiore della magistratura, che approfitta di ogni occasione per svolgere un ruolo politico", e Fabrizio Cicchitto (Ncd) che definisce Di Matteo "un mediocre imitatore di Ingroia. E' inquietante che un tipo del genere abbia per le mani indagini delicatissime e ovviamente uno dei suoi scopi e' quello di andare addosso al Presidente della Repubblica". Secco anche Andrea Mazziotti, di Scelta Civica, che invita il pm a indagare "seriamente e in silenzio". Reazioni pesanti, quelle dei politici, che seguono al durissimo discorso di Di Matteo.

"Non si può ricordare Paolo Borsellino - ha detto dal palco - ed assistere in silenzio ai tanti tentativi in atto - dalla riforma già attuata dell'Ordinamento Giudiziario a quelle in cantiere sulla responsabilità civile dei giudici, alla gerarchizzazione delle Procure anche attraverso sempre più numerose e discutibili prese di posizione del Csm - finalizzate a ridurre l'indipendenza della magistratura a vuota enunciazione formale con lo scopo di comprimere ed annullare l'autonomia del singolo Pubblico Ministero". Poi il riferimento al capo dello Stato. "Non si può assistere in silenzio - dice - all'ormai evidente tentativo di trasformare il pm in un semplice burocrate inesorabilmente sottoposto alla volontà, quando non anche all'arbitrio, del proprio capo; di quei dirigenti degli uffici sempre più spesso nominati da un Csm che rischia di essere schiacciato e condizionato nelle sue scelte di autogoverno dalle pretese correntizie e politiche e da indicazioni sempre più stringenti del suo Presidente". E ancora la bacchettata al premier Renzi, accusato di essersi seduto al tavolo delle riforme con Berlusconi. "Oggi un esponente politico, dopo essere stato definitivamente condannato per gravi reati, discute - ha detto il pm - con il Presidente del Consiglio in carica di riformare la legge elettorale e quella Costituzione alla quale Paolo Borsellino aveva giurato quella fedeltà che ha osservato fino all'ultimo suo respiro". Nel discorso di Di Matteo non sono mancati i riferimenti alla verità ancora da accertare sulle stragi. Concetto su cui era intervenuto, nel ricordare Borsellino, anche Giorgio Napolitano che in un messaggio inviato a Manfredi Borsellino ha auspicato "che i processi ancora in corso possano fare piena luce su quei tragici eventi, rispondendo così all'anelito di verità e giustizia che viene da chi è stato colpito nei suoi affetti più cari e che si estende all'intero Paese". "E' indispensabile - ha quindi aggiunto il capo dello Stato - non dimenticare che un'azione di contrasto sempre più intensa alla criminalità organizzata trae linfa vitale dallo sforzo di tutti nell'opporsi al compromesso, all'acquiescenza e all'indifferenza". Via D'Amelio, poco prima che Di Matteo intervenisse, è stata anche teatro di un abbraccio. L'abbraccio ostentato, che ha stretto Massimo Ciancimino, imputato di mafia e figlio di un mafioso di rango, e Salvatore Borsellino, fratello del magistrato assassinato. Due persone con storie distanti anni luce che si ritrovano vicine da quando Ciancimino jr ha cominciato a raccontare i segreti del padre, don Vito, le sue relazioni con pezzi delle istituzioni e delle forze dell'ordine e il suo ruolo nella cosiddetta trattativa Stato-mafia. "Sono uno dei pochi che ha il coraggio di venire qui", ha detto il testimone-imputato mostrando il braccio con tatuata la data del 19 luglio 1992, quando alle 16:58 un'autobomba imbottita di tritolo uccise Borsellino e gli agenti della sua scorta. E la presenza del figlio di don Vito non imbarazza neppure gli esponenti del movimento Agende Rosse che - rivelano senza esitazione - da Ciancimino jr hanno anche avuto una donazione in denaro. Meno indulgente l'atteggiamento dell'organizzazione verso gli esponenti delle istituzioni invitati anche quest'anno a disertare le cerimonie. Un invito che deve avere dissuaso molti a partecipare visto che solo la presidente dell'Antimafia Rosy Bindi si è presentata in via D'Amelio (il capo della polizia Pansa aveva ricordato le vittime deponendo una corona alla caserma Lungaro). Quelli delle Agende Rosse le hanno voltato le spalle alzando il diario scomparso di Borsellino divenuto loro simbolo ed emblema di una verità negata sulle stragi.

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