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Scontro Atene-Ue in vista voto. Sos liquidità banche

Tsipras chiede taglio 30% debito. Juncker, il No vi indebolisce

Redazione ANSA

BRUXELLES - Lo scontro tra Grecia ed Ue si fa sempre più duro con l'avvicinarsi del voto e le due campagne elettorali parallele in corso in queste ore proseguono a colpi di dichiarazioni, anche minacciose. "Se i greci voteranno 'no' la posizione della Grecia sarà drammaticamente indebolita", ha avvertito il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker. Vada come vada, gli ha fatto eco il presidente dell'Eurogruppo Jerom Dijsselbloem, "il futuro della Grecia sarà estremamente duro". Tsipras, invece, continua a rassicurare gli elettori: "Il voto al referendum di domenica non decide la permanenza o meno della Grecia nell'euro".

 

Ma intanto le banche elleniche lanciano l'allarme: da lunedì liquidità rischia di esaurirsi. Il premier greco e il suo ministro delle Finanze Varoufakis restano però ottimisti e vedono un accordo vicino anche se dovesse vincere il 'no'. Del resto, dopo il rapporto del Fmi che raccomanda un taglio del debito greco, hanno trovato nel Fondo un insperato alleato nella campagna contro l'Ue che ha respinto la loro richiesta di alleggerimento dello stock. Ma qualunque sarà il risultato del referendum, l'ottimismo dei greci è destinato a scontrarsi con la sfiducia degli altri leader europei in un nuovo e complicato negoziato.

 

"Ho chiamato Tsipras tre volte la scorsa settimana, gli ho detto che la presidenza lussemburghese dell'Ue è basata su una cosa che si chiama fiducia", ha detto il premier lussemburghese Xavier Bettel, che oggi ha assunto la presidenza di turno dell'Unione. Il premier ha raccontato che durante le telefonate "mai una volta è stata menzionata la parola 'referendum', poi venerdì sera scopro che ne ha indetto uno". E' la stessa sorpresa che ha colpito tutte le cancellerie europee, che non a caso non hanno poi più voluto parlare con il leader greco. L'Ue ha deciso di chiudere le comunicazioni ufficiali e resterà a guardare fino a che non sarà conteggiata anche l'ultima scheda elettorale. Ma Juncker, schieratosi fin dal primo giorno in favore del 'sì', durante la conferenza stampa con Bettel non ha rinunciato a mettere di nuovo in guardia dalle conseguenze del 'no', avvertendo che anche in caso di vittoria del 'sì', "il negoziato sarà comunque difficile".

 

Un monito che anticipa le ostilità che Atene incontrerà la prossima settimana nel confronto post-voto con gli altri partner dell'Eurozona. Perché indipendentemente dal risultato, il governo ellenico dovrà tornare a chiedere un terzo salvataggio: con Tsipras, se vincerà il 'no', con qualcun'altro se vincerà il 'sì' e il leader di Syriza si farà da parte. La Grecia è con l'acqua alla gola: se non riuscirà ad ottenere nuovi aiuti entro il 20 luglio, scatterà il default verso la Bce, con conseguenze difficili da prevedere ma la certezza che sarà dichiarata insolvente. Già oggi il fondo salva-Stati Efsf, che detiene la maggior parte del debito ellenico, ha messo nero su bianco la parola che il Fmi non aveva osato pronunciare quando Atene non ha pagato la rata in scadenza il 30 giugno: quello che per il Fondo monetario era 'arretrato', per l'Efsf è invece già 'default'. "Atene è venuta meno agli impegni verso i creditori, le conseguenze potranno essere severe", ha detto il direttore del fondo salva-Stati Klaus Regling.

 

Ma Tsipras non si lascia scoraggiare e torna a promettere un accordo entro 48 ore dal referendum, che comprenda un taglio del 30% del debito e un 'periodo di grazia' di 20 anni. Berlino forse ci pensa, ma per ora tace. Il ministro Wolfgang Schaeuble spiega che la situazione è "drammaticamente peggiorata" e che qualunque analisi, compresa quella sul debito del Fmi, confluirà nelle riflessioni post-voto che potrebbero partire già da lunedì, con un Eurogruppo telefonico. Con tutta probabilità dovranno riunirsi anche i capi di Stato e di Governo, perché negoziare un nuovo salvataggio, con condizioni diverse, è un processo complesso, delicato, che non ammette ritardi: ogni difficoltà o resistenza potrebbe portare la Grecia troppo vicina al 20 luglio, quando nemmeno un compromesso salverà l'Eurozona dal primo 'default' della sua storia.

 

 

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